Rinaldo: sono felice. Io non mollo
Rinaldo – soprannominato “Rinaldinho”, perché uno degli uomini di punta del magazzino – è arrivato al Banco più di vent’anni fa.
Da poco in pensione, aveva lavorato fin da quando aveva 14 anni, con la grande alacrità che tutt’ora lo caratterizza. Un giorno di vacanza a Lignano, legge sul giornale l’annuncio del Banco Alimentare Friuli Venezia Giulia che cerca volontari. Questa proposta arriva proprio mentre Rinaldo si stava chiedendo se e come può essere ancora utile, magari a chi ha più bisogno, ora che ha più tempo a disposizione e che è ancora giovane.
“Volevo fare qualcosa di buono e utile, non mettermi in mostra. Mi sono chiesto cosa e la risposta mi è venuta incontro”. Si reca in quella che all’epoca era la sede del Banco e incontra Cleto - uno dei pilastri dell’Associazione, socio fondatore e instancabile volontario venuto a mancare nel 2021 - subito entusiasta di accoglierlo, dal momento che Rinaldo ha dimestichezza con il lavoro di magazzino.
“Ora sono ancora qua ma tante cose sono cambiate. Adesso il Banco è strutturato, ha una gestione strutturata, mentre prima in magazzino eravamo soltanto io, Cleto, Gianni, Luciano, Guido, Bruno e pochi altri. Siamo cresciuti noi ma vedo che è cresciuto anche il bisogno alimentare delle persone.”
Rinaldo ha dei bellissimi ricordi dei primi tempi: le bolle fatte a mano, la pausa caffè con la moka.
“Quando le cose sono diventate un po’ più organizzate, allora ho deciso di dedicare ancora più tempo al Banco e ho fatto il patentino per il muletto.”
Rinaldo è fedelissimo e viene al Banco tre o quattro pomeriggi a settimana. E alla moglie Luigina che da sempre lo incoraggia, ma gli chiede se non sia il caso di “mollare” un po’, lui risponde “Mi sento di dare, ancora. Ci vado volentieri e quello che faccio mi fa contento”. E lei questo lo vede.
Poi racconta: “Gli anni passano, adesso comincio a sentire di più la stanchezza. Ma l’entusiasmo c’è ancora, soprattutto nel rapporto con gli altri volontari. Ne sono passati tanti da qui, qualcuno non c’è più, ma rimane il ricordo, vivo.”
Alla domanda: “Continuerai ad essere ancora uno dei nostri?” risponde: “Finora l’ho fatto perché sentivo dentro di me che dovevo fare qualcosa. Spero di poterlo fare ancora per molto tempo, se al Signôr mi viôt” (“Se il Signore mi dà un’occhiata”).